sabato 7 giugno 2008

I Solone d'Italia

Prendo spunto dall'articolo odierno redatto dall'inviata di LiberoMercato al convegno dei giovani di Confindustria in corso a S. Margherita per fare qualche piccola riflessione.

La presidente dei giovani di Confindustria, Federica Guidi, ha lanciato una provocazione forte sostenendo che i contratti nazionali del lavoro dovrebbero essere limitati a funzioni di garanzia a vantaggio di una contrattazione individuale basata sul merito.

Ho parlato di provocazione lanciata dalla presidente in quanto, da una parte, il modello italiano attuale è ispirato a criteri assolutamente opposti e, dall'altra, la contrattazione individuale è molto difficile da attuare rispetto a un gran numero di categorie di lavoratori e richiederebbe una sorta di mondo ideale in cui imprenditori e manager privilegiassero, almeno nella stragrande maggioranza, la logica della responsabilità sociale rispetto a quello del profitto sopra ogni altra cosa.

Il numero uno del gruppo Unicredit, Alessandro Profumo, ha sottolineato le difficoltà intrinseche all'applicazione così spinta della contrattazione individuale e ha posto nuovamente al centro del dibattito il tema dei contratti federali, sostenendo che sia assurdo riconoscere la stessa retribuzione in Calabria e a Milano perchè molto diversi sono il livello del costo della vita e le condizioni del mercato del lavoro. Profumo ha, quindi, esemplificato che, in presenza di condizioni contrattuali diversificate per area geografica, Unicredit potrebbe insediare nel Mezzogiorno d'Italia alcune attività, ad esempio centri di back-office, che attualmente tende a localizzare sempre più all'estero.

Il discorso di Profumo riflette, indubbiamente, un problema che è quello di incentivare l'offerta di lavoro nelle regioni meridionali che continuano a registrare tassi di disoccupazione a doppia cifra con multipli notevoli rispetto alle regioni del Centro e, soprattutto, del Nord. D'altra parte, ritengo che l'ipotizzata differenziazione delle modalità contrattuali andrebbe inserita in un più generale ridisegno dell'organizzazione sociale del nostro Paese che preveda il contributo di tutte le categorie e di tutte le aree geografiche allo sviluppo dell'Italia; difatti, sarebbe, a mio avviso, gravissimo pensare che la soluzione della questione occupazionale del nostro Mezzogiorno dovesse essere finanziata dai lavoratori meridionali attraverso l'accettazione sic et simpliciter di retribuzioni più basse.

E', forse, superfluo ricordare il drenaggio di fondi praticato, usando il paravento della questione meridionale, da tante realtà industriali ed economiche del nostro Paese o la malagestione condotta dalla classe politica, locale e nazionale, e da tanti manager della Pubblica Amministrazione.

Comunque sia, ritengo che il nostro Paese potrà tornare a un livello di sviluppo accettabile soltanto attraverso un patto sociale forte e condiviso che coinvolga tutti a tutte le latitudini.
La federalizzazione dei contratti è un aspetto che non potrà essere disgiunta tra i quali, in particolare:
a) creazione di un regime fiscale che smetta di mostrare i muscoli con i deboli e imponga ai veri possessori di grandi patrimoni di contribuire in maniera importante, prevedendo punizioni esemplari per i grandi evasori;
b) revisione delle condizioni di privilegio di cui godono banche, assicurazioni, società petrolifere e società di servizi affinché una parte degli enormi profitti di cui godono vengano ridistribuiti a vantaggio della collettività;
c) politiche d'incentivazione per le famiglie;
d) investimenti a sostegno dell'innovazione reale, con forme stringenti di controllo a garanzia del loro effettivo utilizzo;
e) accettazione di maggiore flessibilità nel lavoro.

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