La domanda è posta da profano di questioni legali sulla base della similitudine tra le sensazioni prodotte nell'apprendere, in entrambi i casi, che una condanna a trent'anni in primo grado si trasforma in una condanna a 16 anni in appello. In entrambi i casi si tratta di processi che hanno interessato e coinvolto larghi strati dell'opinione pubblica in dibattiti tra innocentisti e colpevolisti. In entrambi i casi, nessuna confessione e grande dispendio di energie da parte dei RIS e, in entrambi i casi, tantissimi indizi, ma, probabilmente, nessuna prova certa.
La sensazione che ne traggo da semplice cittadino è che l'attenuazione delle condanne in secondo grado rappresentino una sorta di compromesso tra convincimento colpevolista dei giudici e mancanza di prove certe della colpevolezza degli imputati e, allora, risulta lecito chiedersi se si tratta di decisioni legittime in uno stato di diritto in cui la condanna dovrebbe essere sempre supportata da elementi certezza al di là di ogni ragionevole dubbio.
Ovviamente, se questa sensazione dovesse poggiare su una base di verità, come cittadino sarei molto allarmato di questo sistema giudiziario, ma le mie sono solo riflessioni da uomo della strada!
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